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Frammenti di memoria

By Arianna Antoniutti

Memoria intima e memoria di artista si mescolano e si fondono nell’ampia personale di Mei Chen Tseng, esposizione in cui la dimensione umana, privata e individuale, si lega all’indagine sul mestiere pittorico. Quadri, incisioni e disegni compongono un taccuino di viaggio che è insieme percorso spirituale ed artistico. Il lungo soggiorno in Italia ed il recente ritorno a Taiwan sono le circostanze e gli spunti che hanno reso necessario un bilancio, strutturato attraverso l’accostamento di opere differenti per concezione, tematica e cronologia. Le esperienze di un passato appena trascorso, ma già metabolizzato ed in parte superato, sono accostate ai nuovi stimoli di un’evoluzione in continuo divenire, lontana da qualsiasi costrizioni accademica e capace di piena indipendenza espressiva.

Tornare nella città natale di Hualien, presentando una cronaca per immagini degli anni trascorsi all’estero, e accostandola alla produzione più recente, è un modo per riandare alle radici figurative, senza per questo aderire acriticamente ad esse, o dimenticare e tradire quanto si è appreso. La riscoperta della cultura del paese di origine avviene difatti in maniera del tutto autonoma, accompagnata e guidata dall’esigenza di esprimere il proprio mondo interiore senza alcuna costrizione o compromesso. Analogo processo era stato messo in atto già in precedenza, nel momento in cui l’artista si era accostata all’arte europea. Lo studio della pittura italiana, compiuto attraverso il contatto diretto e quotidiano con i modelli della tradizione rinascimentale, ha certo orientato le modalità e la composizione delle opere – in special modo le incisioni – create nel periodo trascorso a Roma, ma l’influsso dell’antico è sempre stato filtrato dalla peculiare sensibilità di Mei Chen, e dal suo occhio assolutamente libero e non convenzionale. La contaminazione tra culture differenti e non assimilabili, difatti, permea costantemente la sua arte, facendo sì che in essa confluiscano elementi specifici della civiltà orientale e contenuti più prossimi al pensiero europeo, ma senza che nessuno dei due mondi prevalga sull’altro.

Dal confronto con la prima produzione dell’artista emerge una maggiore consapevolezza dei mezzi tecnici ed una più intensa ricerca di sperimentazione, pur restando all’interno del linguaggio d’elezione, quello figurativo. Incisioni e xilografie mostrano, da subito, un segno già preciso e maturo, affinato dalla pratica e da un gusto sempre più marcato e deciso, accompagnato da una coscienza di sé rafforzata e risoluta.

Nell’opera che dà il titolo alla mostra, i ricordi dell’artista ed il passato storico si sovrappongono; la testa dell’idolo è al tempo stesso una testimonianza colma di senso ed una antica traccia da superare e da cui rinascere. Dalla rovina della storia, e dalle ombre della propria vicenda personale, l’artista ricava nuovo vigore e nuove sollecitazioni. Il medesimo 2 soggetto è riprodotto su tela e in xilografia, quasi l’una fosse il negativo dell’altra, ma entrambe riaffermano la volontà di una rinascita artistica e spirituale, un inabissamento nel passato ed un ritorno al presente trasformati e rinnovati. Anche l’olio su tela «Break the Faith» esamina la questione della ritrovata autenticità che, senza forzature e obblighi esterni, porta alla rottura delle precedenti strutture mentali. Ma tale rottura non è un provocatorio rifiuto, né la facile via della sfida alla tradizione: è una riflessione sofferta e gravosa.

Accanto al riaffiorare di temi classici, come «Medea» – indagati nella loro cupa violenza – si fa incalzante la necessità di accostarsi alla società taiwanese, in alcuni casi, per l’artista, del tutto da conoscere e analizzare. Realtà sociali complesse e poco note, come la condizione dei malati di Hansen’s disease, sono alla base di alcune opere di grande impatto emotivo ed innovative, non solo per la valenza sociale che le caratterizza, ma anche per la loro fattura. Nella serie «Happy to live», i malati sono riprodotti attraverso il dettaglio delle sole mani – la cui espressività è un motivo caro a Mei Chen Tseng – e la qualità pittorica è molto ricca e pastosa, quasi al limite dell’informale.

Nel suo insieme, articolato ed esteso, l’esposizione raccoglie minute schegge di esistenza, che lo spettatore è invitato a ricomporre ed interpretare, per giungere, accompagnato dallo sguardo e dallo spirito dell’artista, dal frammento sino all’interezza.